Oggi intervistiamo un collaboratore della casa editrice 66THAND2ND, MICHELE MARTINO

1) Di che cosa ti occupi all’interno della casa editrice “66thand2nd”?

Fondamentalmente di libri, che sembrerebbe scontato, ma non è così perché in una casa editrice ci sono anche altri ruoli, legati agli aspetti promozionali o commerciali. Io lavoro proprio nella redazione, per cui mi occupo di revisionare le traduzioni, editare qualche autore italiano, scrivere i testi di bandella, i testi del catalogo, le schede dei libri, talvolta leggere manoscritti. Ma essendo 66thand2nd un editore indipendente di dimensioni limitate, mi trovo anche a fare altro, come realizzare gli ebook o aggiornare alcune sezioni del sito. Per diversi anni, ho curato il libri delle collane sportive, Attese e Vite inattese, a cui appartengono alcuni dei libri più belli che ho fatto, come Giorni selvaggi di William Finnegan.

2) Che origini ha questo nome così particolare, attribuito alla tua casa editrice?

66thand2nd è un incrocio di Manhattan, a New York, dove vivevano gli editori, Isabella Ferretti e Tomaso Cenci, prima di tornare in Italia e fondare la casa editrice. È lì che è nato il primo nucleo di questo progetto, e da lì è venuto anche il nome, che in parte vuole sottolineare anche un certo interesse della casa editrice per la letteratura angloamericana, da sempre forte in àmbito sportivo, ma anche aperta alle tante letterature “etniche” che non sempre arrivano da noi.

3) In questo difficile momento causato dalla pandemia, la tua casa editrice come ha reagito in termini di promozione e vendita?

Siamo stati fortunati perché avevano pubblicato da poco e avevamo in programma alcuni libri che sono andati bene lo stesso, nonostante le chiusure, trainando il nostro catalogo. Come tutti, abbiamo fatto poche presentazioni, oppure le abbiamo organizzate on line, lavorando molto sui social. Ma credo che la gente non abbia smesso di comprare e leggere libri durante la pandemia, anzi…

4) Oggi è difficile farsi pubblicare da un editore medio-grande: quali consigli daresti a chi ha un romanzo conservato nel proprio cassetto?

Senz’altro gli direi di scriverlo, se ancora non l’ha fatto, o di finirlo e proporlo, insomma di non tenerlo nel cassetto. E, soprattutto se non si è già dell’ambiente, di farsi conoscere cominciando a pubblicare qualche racconto o articolo su una delle tante riviste letterarie, anche on line, che esistono oggi.

5) Parliamo del Premio Strega: tra i 12 finalisti era arrivato anche il vostro “Adorazione”, di che cosa tratta il libro e quali peculiarità mostra nel suo stile e nel suo contenuto?

Siamo molto contenti di essere entrati nella dozzina del Premio Strega, obiettivo che inseguivamo da tempo. Alice Urciuolo merita di essere la prima a esserci riuscita per 66thand2nd: una scrittrice ancora giovane ma di sicuro talento, che farà senz’altro cose ancora più importanti in futuro. Sa come costruire una storia avvincente (è anche sceneggiatrice), ha occhio per i personaggi e un punto di vista mai banale nell’osservarli. In Adorazione, poi. è stata bravissima a ritrarre il mondo in cui è cresciuta, quello dell’Agro Pontino, periferia di Roma, e della gioventù fragile e sbandata di oggi.

6) Quali generi pubblica la tua casa editrice?

Abbiamo due collane di sport, che ho già citato prima: una di narrativa e saggistica (Attese), l’altra di biografie e memoir (Vite inattese). Abbiamo poi una collana dedicata al melting pot culturale, Bazar, e una in cui pubblichiamo libri anche molto diversi ma sempre di valore letterario, sempre con una veste grafica nuova e originale. È in quest’ultima collana che sono usciti, per esempio, Terminus radioso di Antoine Volodine e Casa di foglie di Mark Z. Danielewski, in un’edizione con tavole a colori volute dall’autore.

7) L’editoria di oggi si differenzia molto dall’editoria degli anni ’80 o ’90?

Per me è difficile dirlo perché negli anni ’80 e ’90 non lavoravo nell’editoria, anzi, ero ancora a scuola. Sicuramente oggi, grazie alla digitalizzazione, i tempi di lavoro si sono accorciati, e si ha meno tempo da dedicare ai singoli volumi. Una tendenza spinta anche dall’aumento delle novità che le case editrici pubblicano ogni anno, magari più per esigenze di fatturato che di catalogo. So che molti redattori (e anche tanti traduttori) devono fare due o tre lavori insieme, e questo certo non aiuta a concentrarsi su quello che si sta facendo. Alla fine, a rimetterci è il libro che arriva sugli scaffali delle librerie e nelle mani dei lettori. Ma questo rientra, credo, nella generale marginalizzazione della cultura nel nostro paese. In ogni caso, per chiudere su una nota positiva, “fare libri” rimane un lavoro bellissimo che regala anche molte soddisfazioni.

Libro "Adorazione", arrivato tra i 12 finalisti al Premio Strega 2021